Accade in Parlamento Essere all'altezza delle sfide nei prossimi anni Luciana Sbarbati: interrogazione a risposta immediata sulla gestione finanziaria degli enti previdenziali privati Sbarbati Signor Presidente, signor Ministro, la bolla pensionistica delle casse private, che è figlia di una ingordigia finanziaria e, soprattutto, del tracollo di Lehman Brothers, vede oggi le casse di previdenza ENPAM, Enasarco, Inarcassa, EPAP, ENPAF e ENPAV che stanno per scoppiare, così come denuncia il sito dell'associazione forense, con dati alla mano. Queste casse sarebbero sull'orlo del fallimento, con il rischio di non poter erogare le pensioni, soprattutto ai giovani iscritti, anche con i conti in attivo e, soprattutto, al di là di un patrimonio immobiliare che è stato svalorizzato e abbandonato per troppo tempo. Ben cinque presidenti dell'ordine dei medici hanno presentato un esposto alla procura della Repubblica di Roma e alla Corte dei conti, denunciando che la cassa ha subito un danno patrimoniale che si aggira intorno ad un miliardo di euro. Cinque milioni di euro di contributi previdenziali versati dagli iscritti sono finiti alle Cayman, in cambio di consulenze per investimenti in quelli che vengono definiti oggi titoli tossici ad altissimo rischio. La Commissione bicamerale di controllo sugli enti previdenziali ha già sollevato un primo velo sulla fittissima rete di investimenti in derivati fatta da queste casse, senza però approfondire niente sul controllo dei bilanci. Tutte le operazioni sono state coperte da una cappa di opacità che riguarda anche, e soprattutto, i famosi consulenti e gli advisor. Risultano però anche altri intrecci e scambi con la politica; risultano bilanci abbelliti e forse anche truccati. Sembra alquanto strano, signor Ministro, che un ente pensionistico, per quanto privato, affidi l'incarico di portafoglio a manager o a società di uno dei Paesi della cosiddetta black list. Per quale motivo i versamenti degli iscritti sono andati in prodotti finanziari così pericolosi, visto che le casse non devono cercare di battere il mercato, signor Ministro, bensì di garantire le pensioni? Chi doveva controllare? Quali conseguenze ci possono essere sulle future pensioni dei giovani? Infine, signor Ministro, non ritiene che ci sia un colpevole vuoto normativo che dà alle casse private una libertà di movimento che altri non hanno, per cui occorre intervenire con urgenza in questo settore? Mi sembra che lei abbia già cominciato a fare qualcosa; vorrei sapere di cosa si tratta. Sacconi Signor Presidente, penso sia improprio parlare di casse sull'orlo del fallimento, quantomeno allo stato delle informazioni di cui disponiamo in questo momento; può essere più proprio parlare di prospettive preoccupanti, come diceva il senatore Nerozzi, nella misura in cui il sistema appare particolarmente frammentato. Innanzitutto, la ragione strategica di medio-lungo termine che deve far preoccupare è quella dell'andamento tra attivi e pensionati. C'è una categoria professionale, di cui non faccio il nome ma che conoscete, che in particolare vive una stagione ad esaurimento ed è evidente che nel tempo e nel lungo termine in cui dobbiamo apprezzare la stabilità di queste casse si possono determinare processi sociali, con andamenti differenziati nelle diverse categorie tali da doversi assorbire anche con strumenti di gestione della loro previdenza di carattere intercategoriale. Penso cioè, e lo abbiamo detto ripetutamente, che nella loro libertà e autonomia, fino ad un certo punto, essi debbano pensare anche a processi di fusione. Le capacità della struttura di vigilanza nel corso di questi anni sono state rafforzate, ma all'interno di un assetto della vigilanza stesso di tipo tradizionale: cioè il Ministero del lavoro, insieme al Ministero dell'economia per alcuni aspetti e, al più, al nucleo di valutazione sulla spesa previdenziale. Abbiamo condotto una riflessione, anche alla luce, ma non solo, di alcune recenti segnalazioni, che stiamo cercando ora di verificare nel limite dei poteri di cui disponiamo. Vorrei ricordare che se per le attività immobiliari abbiamo emanato una direttiva puntuale insieme al Ministero dell'economia, stiamo lavorando ad un'analoga direttiva interministeriale con lo stesso Ministero, che dispone evidentemente dell'expertise necessario, relativamente agli investimenti mobiliari. Nelle more, proprio in relazione ai processi di gestione di quegli investimenti rischiosi realizzati nel periodo 2006-2007, cioè prima dell'esplosione della bolla mobiliare e dell'instabilità dei mercati mobiliari, abbiamo chiesto tutta una serie di informazioni sulla composizione delle riserve patrimoniali finalizzate alla garanzia dell'erogazione delle prestazioni con riferimento ai dati del triennio 2008-2010. In particolare, nella nostra comunicazione abbiamo richiesto un dettaglio sulle eventuali perdite derivanti da investimenti mobiliari, sulla consistenza degli accantonamenti di bilancio a copertura dei rischi, nonché sulla tipologia di operazioni poste in essere ai fini del rientro dall'esposizione (ristrutturazione dei titoli, allungamento delle scadenze, rinegoziazione) e, infine, sull'attività degli advisor (modalità di selezione, spese per compensi, analisi da rischio svolte). Abbiamo quindi chiesto queste informazioni puntuali secondo tuttavia lo schema di vigilanza del Ministero del lavoro, che è essenzialmente, per definizione legislativa istituzionale, di carattere cartolare e successivo. Di qui è nata una decisione in merito al sistema delle casse private e privatizzate che sarà inclusa nella manovra odierna, che vi anticipo e che mi auguro, trattandosi di una scelta istituzionale, possa registrare in Parlamento un largo consenso (ve la annuncio e auspico che il Consiglio dei ministri confermi la proposta mia e del Ministro dell'economia). Relativamente a tali casse, la Corte dei conti, anche recentemente, ci ha invitati a non essere troppo invasivi nell'indicazione di ciò che possono o non possono fare, trattandosi di gestioni responsabili, poi monitorate successivamente anche con valenza trentennale. Sapete che stiamo monitorando i cosiddetti bilanci tecnici nell'arco temporale di trent'anni; cioè abbiamo già svolto il nostro lavoro, abbiamo chiesto al Ministero dell'economia di completare il suo ed insieme daremo presto i responsi di queste valutazioni a trent'anni. Proporremo però al Parlamento di andare oltre, di aggiungere a questa vigilanza cartolare e successiva finalmente una vigilanza quale solo un'autorità può realizzare, cioè una vigilanza invasiva, contestuale anche agli atti che magari vengono adottati. Ma insisto, proporremo al Parlamento di andare oltre, di aggiungere a questa vigilanza cartolare e successiva finalmente una vigilanza che solo un'autorità può realizzare, ossia invasiva e contestuale anche agli atti adottati. La riflessione che rivolgo al Parlamento - tra l'altro, incontrerò nei prossimi giorni formalmente l'associazione che riunisce le casse - è che se noi abbiamo una regolazione sia sull'allocazione degli investimenti sia sulla vigilanza per la previdenza (che è complementare e su base volontaria), a maggiore ragione dobbiamo averla con le stesse caratteristiche vuoi sull'allocazione degli investimenti, prevedendo regole di carattere prudenziale sostanzialmente analoghe, vuoi su una previdenza che non è complementare, ma è addirittura primaria e, come ho detto prima, obbligatoria (la raccolta è infatti obbligatoria). Consideriamo le casse nell'elenco ISTAT sì private, sì privatizzate nella gestione, ma ce ne occupiamo dal punto di vista dei saldi di finanza pubblica. In questa chiave abbiamo verificato, dall'ultimo provvedimento che ha introdotto tale capacità, l'impatto degli investimenti sull'intero sistema finanziario nazionale, perché esse amministrano risorse raccolte obbligatoriamente e non facoltativamente, come è il caso della previdenza complementare. Questa è dunque la scelta che propongo al Parlamento. Mi auguro che tale materia venga intesa come assolutamente coerente con il decreto di manovra, perché attiene alla stabilità di finanza pubblica. Certo, abbiamo nella testa innanzitutto la garanzia per i professionisti di poter disporre della loro prestazione previdenziale, ma la ratio per cui si giustifica la collocazione di una simile misura, a questo punto anche urgente nell'ambito del decreto di manovra, sta nel fatto che attiene alla stabilità più complessiva di finanza pubblica, in quanto quella massa di risorse appartiene al settore pubblico allargato nel suo insieme. Allo stesso modo, offriremo un contesto di garanzia non solo agli amministrati, ma anche agli amministratori, perché i due parametri che ad essi vengono richiesti dagli amministrati sono quello di stabilità e quello di adeguatezza. Questo secondo parametro, in nome anche del consenso che si realizza nei momenti elettorali periodici, può avere indotto in passato anche alla ricerca di investimenti a maggiore rendimento e, corrispondentemente, come sappiamo meglio oggi, a maggiore rischio. Noi dobbiamo quindi introdurre una regolazione, modellata su quella dei fondi della previdenza complementare, che preveda criteri di carattere prudenziale. Quindi nessun assistito, nessun professionista potrà pretendere dai suoi amministratori una maggiore adeguatezza, perché questa dovrà essere perseguita nell'ambito di un corsetto legislativo che dovrà introdurre criteri di carattere prudenziale. Questa è la scelta che abbiamo compiuto dopo questi anni di esperienza in cui abbiamo visto che, pur rafforzando la vigilanza cartolare e successiva, questa aveva un limite oggettivo. In fondo, ed è questa la considerazione fondamentale che ho fatto, si tratta dell'unico segmento del mercato finanziario che non ha una vigilanza propria di autorità: lo ha il sistema assicurativo, lo il sistema della previdenza complementare, lo hanno le banche e la Borsa, ma non ce l'aveva questo segmento. Credo che la soluzione della COVIP sia quella più contigua, ossia abbia, debitamente rafforzata, quella cultura della gestione previdenziale, tanto che già avevamo aperto un dialogo per omologare, ad esempio, criteri relativi al tasso di rivalutazione degli immobili, perché non ci fosse differenza tra il modo con cui si apprezzano nella previdenza complementare e nella previdenza obbligatoria delle casse professionali. Percorsi quindi che procedono insieme; valutazione dei bilanci tecnici trentennali per leggere la stabilità, indicazioni conseguenti alle casse di riforme, di cambiamenti e, in certa misura, anche di concentrazioni e, dall'altra parte, vigilanza, che mi auguro dai prossimi giorni possa rapidamente partire in capo ad un soggetto istituzionalmente più adeguato. Sbarbati Signor Presidente, signor Ministro, le intenzioni che lei ha qui oggi voluto esporre sono certamente condivisibili. Voglio però sottolineare che il professore di matematica finanziaria alla LUISS, Antonio Annibali, rispetto all'ultimo bilancio tecnico fatto sulla cassa che riguarda i commercialisti, sostiene che gli assegni erogati supereranno i contributi nel 2033; ci saranno quindi più pensionati che commercialisti attivi. Queste sono le questioni vere ed importanti sulle quali bisogna intervenire. Mi fa piacere allora che lei abbia parlato di vigilanza più invasiva e soprattutto abbia detto che bisogna andare oltre la vigilanza cartolare. Anch'io concordo che, oggettivamente, una migliore capacità di controllo e di assecondamento di un processo più trasparente e, soprattutto, più sicuro - anche perché, come lei diceva e tutti abbiamo sostenuto, sono obbligati a versare e quindi giustamente hanno bisogno di avere delle sicurezze e delle certezze come tutti gli altri - proceda attraverso una riorganizzazione di tutto il settore e, quindi, un accorpamento ed una riunificazione, che favoriscono una migliore trasparenza, i famosi controlli più invasivi ed anche le attività che consentono a questo discorso delle casse private di essere all'altezza delle sfide dei prossimi anni. E’ su questo che stiamo ragionando e questa è la partita; cosa spetterà ai giovani rispetto a quelli che invece già godono dei proventi che hanno investito. Roma, 7 luglio 2011 |